A seguito degli attentati di matrice religiosa del 25 dicembre, causanti la morte di 41 persone di fede Cristiana, il rischio di escalation di violenza sul territorio nigeriano si conferma in piena crescita.
Dopo la rivendicazione degli attentati da parte del gruppo estremista islamico Boko Haram, già dichiaratosi responsabile dell’attentato alla sede ONU di Abuja del 26 agosto 2011, si sono presentati segnali di potenziali rappresaglie da parte di elementi radicali della comunità cristiana. Il leader dell’Associazione dei Cristiani della Nigeria Ayo Oritsejafor ha infatti dichiarato che “la comunità cristiana non avrà altra scelta che rispondere adeguatamente ad altri attacchi contro le nostre genti e i nostri beni”, affermazione resa pubblica il 27 dicembre, proprio poco dopo attentato dinamitardo alla scuola coranica di Sapele, nella Nigeria meridionale. L’esplosione, non rivendicata, ha ferito sei bambini. La crescita delle tensione è stata confermata da un ulteriore attentato ai danni della comunità islamica, avvenuto stavolta ai danni di una moschea a Maiduguri, nel nord-est del Paese. L’attacco, avvenuto tramite esplosivi e armi da fuoco, ha lasciato sul terreno quattro morti.
Per cercare di mantenere la situazione sotto controllo, il Presidente nigeriano Goodluck Jonathan ha dichiarato lo stato d’emergenza in numerose zone del Paese (stati di Yobe, Borno, delta del Niger), arrivando a chiudere le frontiere con l’estero per le aree coinvolte. Nonostante l’alto livello di guardia, le forze dell’ordine temono che la situazione faciliti l’esplosione di ulteriori tensioni anche in ambiti paralleli a quello religioso, visti anche gli scontri avvenuti durante il weekend tra le comunità di Ezza ed Ezilo per ragioni di confine.
* Giuliano Luongo è ricercatore dell’IsaG e dottorando alla facoltà di economia dell’Università di Aix-Marseille III
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